Pietanza tipica per eccellenza della cucina tradizionale abruzzese, gli arrosticini abruzzesi fatti a mano erano in origine un piatto povero, consumato dai pastori durante la transumanza e proveniente, con ogni probabilità, dalla zona di Pescara.
Tocchetti di carne di agnello castrato, o più spesso di pecore non più in grado di produrre latte, venivano infilati su lunghi bastoncini di legno ricavati da piante di fiume e poi cotti alla brace.
Oggi gli arrosticini fatti a mano sono ben noti e amati in tutta Italia, serviti tanto nelle taverne quanto nei ristoranti e popolarissimi tra gli amanti dello street food.
Sfiziosi per una grigliata in compagnia, veloci da cuocere e apparentemente semplici da fare, proprio per queste loro caratteristiche questi particolari spiedini vanno preparati rimanendo fedeli quanto più possibile alla tradizione e utilizzando alcuni accorgimenti, specialmente in fase di cottura, per non alterarne consistenza e sapore.
I cubetti di carne pressata, della grandezza di circa un centimetro, vanno tagliati in modo netto e preciso così da non sfilacciarne i bordi e poi sistemati su spiedini di legno lunghi circa trenta centimetri. È importante mantenere l’alternanza di pezzi grassi e magri dal momento che il grasso, sciogliendosi, rende la carne morbida, saporita e non stopposa.
Gli arrosticini così realizzati vanno poi cotti su una apposita brace, la fornacella, detta anche “canala” per via della sua forma stretta e allungata che la rende simile ad un canale di grondaia. Questo sistema di cottura permette di arrostire la carne in modo che gli spiedini di legno non si anneriscano e non si spezzino.
Una volta disposti in fila, l’uno accanto all’altro, gli arrosticini vanno tenuti sul fuoco solo pochi minuti, fino a farli dorare, e poi girati in modo da cuocerli omogeneamente su entrambi i lati. La fiamma non deve essere mai troppo alta altrimenti la carne diventerà secca e dura.
Una volta cotti a puntino questi profumati e deliziosi spiedini non vanno assolutamente portati in tavola nei piatti, ma raccolti in un cartoccio di stagnola o in una sorta di brocca di terracotta per conservare intatto calore e aroma.
Sui contorni ci si può sbizzarrire, ma la tradizione vuole che ad accompagnare gli arrosticini sia il “pane onto”, ovvero semplici fette di pane casereccio condito con olio d’oliva.
La salatura è un capitolo delicato che non vede d’accordo nemmeno gli abruzzesi. C’è chi preferisce salare gli arrosticini una volta sola, nell’ultima fase della cottura, e chi consiglia di cospargerli di sale due volte, prima su un lato e poi sull’altro. Anche la qualità del sale può variare. Generalmente si usa del normale sale da cucina, ma c’è anche chi preferisce utilizzare del sale grosso, i cui granelli in eccesso vanno poi scrollati via a cottura ultimata, nel momento in cui gli arrosticini vengono tolti dalla fornacella.
Che siano di pecora o di castrato, gli arrosticini hanno un sapore deciso, per questo è consigliabile che siano accompagnati da un vino rosso corposo. Il Montepulciano d’Abruzzo è molto gettonato, ma secondo la tradizione la scelta perfetta è un rosso della casa diluito per un quarto con della gassosa.