Negli ultimi anni stiamo assistendo ad una vera e propria rivoluzione in cucina dove c’è la pretesa di trasformare il semplice cucinare in arte, in un’espressione di creatività e competenza. Per merito, o demerito, dei programmi televisivi dedicati alla cucina, dei social media e dell’influenza sempre più pervasiva della cultura gastronomica, oggi sembra che chiunque debba essere uno chef. Non basta più preparare un buon piatto, bisogna anche saperlo presentare in modo impeccabile, raccontarlo con una narrazione avvincente e utilizzare ingredienti selezionati con una cura quasi maniacale. In pratica, tutto deve essere assolutamente perfetto.
Comporre un’opera d’arte a partire dall’impiattamento
Il concetto di “impiattamento” non corrisponde più solo alla disposizione del cibo in modo ordinato, ma è diventato essenziale creare una piccola opera d’arte che attiri lo sguardo prima ancora di soddisfare il palato. Gli chef amatoriali e professionisti dedicano tempo e attenzione alla scelta dei colori, delle forme e delle consistenze, cercando di raggiungere un equilibrio estetico che renda ogni piatto degno di una fotografia su Instagram. Un piatto non è più una semplice pietanza da gustare, ma, per essere degno di essere servito, deve garantire un’esperienza sensoriale che coinvolga la vista, il gusto e perfino l’udito, con il suono croccante di una chips di verdura o il crepitio di una salsa versata al momento.
Ad ogni piatto corrisponde un racconto
Oggi non ci si limita a preparare e servire il cibo ma è d’obbligo raccontare ogni piatto. La descrizione delle portate è diventata un rituale imprescindibile, un modo per nobilitare anche la più semplice delle ricette. E non ci si limita al solo elenco degli ingredienti ma si trasforma il piatto in una storia, si evocano le origini dei prodotti, si illustrano le tecniche di cottura utilizzate e si annunciano le sensazioni gustative che quel piatto saprà suscitare.
Così facendo, una comune insalata diventa un “giardino di verdure croccanti con emulsione agrumata e scaglie di pecorino stagionato in grotta”. Questo tipo di narrazione amplifica il valore percepito del cibo e accresce l’aspettativa di chi lo assaggia, trasformando il pasto in un viaggio ma, al tempo stesso, rischiando di trasformare ogni piatto in un esercizio retorico più che in un autentico piacere gastronomico.
Ingredienti esclusivi per piatti sempre più elaborati
Parallelamente, c’è una costante ricerca di ingredienti alternativi e di nicchia. Gli appassionati di cucina non si accontentano più degli ingredienti comuni, ma esplorano mercati specializzati, negozi di prodotti biologici e fiere gastronomiche per scovare spezie rare, farine antiche, legumi dimenticati e ortaggi coltivati in piccole produzioni.
Si assiste così a una vera e propria caccia al prodotto esclusivo, a volte con una ricerca quasi esasperata di ingredienti esotici e inaccessibili, che rischiano di allontanare la cucina dalla sua funzione primaria: nutrire in modo semplice e genuino.
Molti si convincono che per ottenere un piatto di qualità sia indispensabile ricorrere a ingredienti rari e costosi, dimenticando che spesso la bontà di un piatto dipende più dalla tecnica e dalla passione che dalla rarità della materia prima. Un eccesso che corrisponde più a un esercizio di stile che ad una vera esigenza gastronomica.
E cosa dire dell’elaborazione di ogni portata? Oramai è un imperativo.
Il piatto finale deve sorprendere, stupire, lasciare il segno. Perciò, non si può solo cucinare ma bisogna scomporre, ricostruire, affumicare, marinare, trasformare ogni ingrediente in qualcosa di inaspettato. Ecco perché tecniche come la cottura sottovuoto, la fermentazione o l’uso di schiume e gelatine sono entrate a far parte del repertorio culinario di molti appassionati.
Cibo e arredamento cucine all’insegna dell’eccellenza
È curioso quanto questa ricerca al dettaglio perfetto in cucina trovi un parallelo anche nell’arredamento degli spazi dedicati alla preparazione del cibo. Le cucine moderne sono sempre più sofisticate, funzionali ed esteticamente impeccabili. Materiali pregiati, elettrodomestici all’avanguardia, piani di lavoro progettati per ottimizzare ogni gesto rendono la cucina non solo un luogo per cucinare, ma uno spazio di design, un ambiente da esibire tanto quanto i piatti che vi vengono preparati.
Lo sottolineano anche gli interior designers di Insidesign di Bologna che, nel progettare l’arredamento di una cucina, sanno che l’ossessione per il dettaglio si trasmette dai piatti allo spazio in cui essi prendono forma.
Chi ama cucinare si aspetta che l’ambiente ne rifletta la passione ed ecco allora comparire cappe di aspirazione futuristiche, piani a induzione ipertecnologici, frigoriferi intelligenti e isole sulle quali avviare da veri e propri laboratori culinari.
Anche la scelta degli strumenti giusti può migliorare la tua esperienza in cucina, in questo articolo, cucinare con attrezzatura di qualità, troverai consigli sui prodotti per ottenere risultati professionali, trasformando ogni cucina in un vero tempio del gastronomia.
Elogio al valore dei piatti semplici
In questo scenario di estetica esasperata, i piatti semplici e genuini si trovano spesso in una posizione marginale. Un piatto di pasta al pomodoro, una fetta di pane con olio buono, un minestrone fatto con verdure dell’orto rischiano di essere visti come banali, quasi privi di valore gastronomico. Eppure, dietro la loro apparente semplicità, c’è una tradizione, un sapere che si tramanda da generazioni, un’autenticità che spesso si perde nella ricerca dell’effetto scenico. La cucina di casa, quella delle nonne, con pochi ingredienti ma con un sapore intenso e rassicurante, rimane una forma di resistenza contro questa estetizzazione estrema del cibo.
La nostra società ha una vera ossessione per l’estetica del cibo
Questa ossessione per l’estetica del cibo ha da un lato elevato la cucina a forma d’arte, stimolando la creatività e la ricerca di ingredienti di qualità, e dall’altro ha portato a una maggiore consapevolezza alimentare, incentivando il consumo di prodotti freschi e stagionali.
Tuttavia, ha creato anche una pressione eccessiva su chi cucina, trasformando un gesto quotidiano e spontaneo in una performance da esibire. In questo modo, la semplicità viene sottovalutata a favore di un’estetica che talvolta prevale sul gusto e sulla sostanza.
È possibile interpretare questa attenzione ossessiva all’estetica del cibo come un’espressione della nostra società: la necessità di apparire, di comunicare attraverso le immagini, di impressionare e di distinguersi.
Nell’epoca in cui viviamo l’immagine ha un peso enorme, e il cibo non è da meno. Fotografiamo i piatti prima di assaggiarli, alla ricerca di un “like” prima ancora della soddisfazione personale. Forse, nel voler rendere ogni piatto un capolavoro visivo, stiamo perdendo qualcosa di essenziale: il piacere puro e semplice di cucinare e mangiare per il gusto di farlo, senza filtri, senza artifici, senza la necessità di dimostrare nulla a nessuno.